L’impegno del gruppo March nel Paese, in ginocchio dalla fine della guerra civile: \u00abArte e cultura sono catalizzatori di cambiamento. Vi racconto come metto sul palcoscenici combattenti e nemici\u00bb<\/em><\/p><\/blockquote>\n\n\n\n Una vita da mediatrice, nel mezzo di conflitti interconfessionali e settari, usando l\u2019arte \u2013 in particolare il teatro sociale \u2013 come strumento per far abbassare le armi e iniziare a riconciliare gruppi o societ\u00e0 che fino a poco tempo prima si erano combattuti. Verrebbe da dire la triste quotidianit\u00e0 per il Libano, se il sorriso di Lea Baroudi, cristiana, co-fondatrice e direttrice di March, appartenente alla Rete di mediatrici del Mediterraneo promossa dal ministero degli Esteri italiano, non fosse, nonostante la drammatica situazione sociale ed economica del Libano (che la crisi a Gaza ha ulteriormente aggravato), un invito all\u2019ottimismo. Un volto di donna e di speranza, costruita non su un vuoto sentimentalismo ma su un serio impegno professionale che \u00e8 valso numerosi riconoscimenti internazionali.<\/p>\n\n\n\n Lea Baroudi, quando ha capito che, in quanto donna, lei avrebbe potuto dare un contributo originale per costruire la pace?<\/strong><\/p>\n\n\n\n L\u2019ho realizzato quando iniziai a lavorare in progetti di peacebuilding e risoluzione dei conflitti a Tripoli, la principale citt\u00e0 del Nord del Libano, tra ex combattenti che erano impegnati in una guerra settaria. Nonostante mi venisse detto che avrei fallito, che quello non fosse un lavoro adatto a una donna e che avrei potuto essere uccisa, in realt\u00e0 proprio il fatto di essere una donna ha facilitato le mie interazioni con questi combattenti, che erano uomini. Loro si aprivano di pi\u00f9 a me e mettevano in comune le loro vulnerabilit\u00e0, cosa che mi permetteva di costruire un rapporto di fiducia con loro e di raggiungere una corretta modalit\u00e0 di riconciliazione e reintegrazione. Le donne che lavorano sul campo sono significativamente pi\u00f9 efficaci in questa attivit\u00e0. Gli uomini non ti percepiscono come un rivale; non ci sono ego o competizioni, in quanto donna sei percepita come pi\u00f9 neutrale. E, dal momento che la maggior parte dei conflitti e delle guerre \u00e8 istigata da uomini, \u00e8 essenziale riconoscere che, specialmente nel campo della risoluzione dei conflitti, della mediazione, e nei processi di pace, le donne hanno un valore aggiunto da portare al tavolo, e che possono talvolta essere pi\u00f9 efficaci degli uomini. Questa convinzione \u00e8 stata parte del mio percorso professionale come mediatrice e costruttrice di pace.<\/p>\n\n\n\n Il teatro sociale \u00e8 la via per lei privilegiata verso la pace. E questo lavorando dentro la pi\u00f9 frammentata societ\u00e0 che si possa immaginare: quella del Libano. Come \u00e8 iniziata questa esperienza?<\/strong><\/p>\n\n\n\n Il teatro \u00e8 uno dei vari strumenti di risoluzione dei conflitti che March ha realizzato durante gli anni. Credo che le arti e la cultura, in particolare le arti dello spettacolo e il teatro, siano potenti catalizzatori per il cambiamento. Tutto \u00e8 iniziato con una semplice idea nel 2014. Decisi di usare il teatro per cercare di riconciliare a Tripoli combattenti di due opposte fazioni che si scontravano sulle rispettive interpretazioni della guerra civile in Siria. Queste fazioni provenivano dal quartiere alawita di Jabaal Mohsen e dal quartiere sunnita di Beb el Tabbeneh, separati da una strada ironicamente chiamata \u201cSyria street\u201d. Tuttavia, quei giovani non solo combattevano gli uni contro gli altri; molti di loro avevano anche attraversato il confine per raggiungere il fronte in Siria quando il conflitto inizi\u00f2 nel 2011. Quando decisi di lavorare in una delle regioni pi\u00f9 a rischio del Libano, la gran parte della gente attorno a me pens\u00f2 che mi stavo impegnando in un lavoro impossibile. Dopo mesi di ostacoli, finalmente convinsi 16 giovani ex combattenti a recitare in uno spettacolo ispirato alle loro vite. Ricordo ancora in modo vivo l\u2019esperienza surreale di stare davanti alla porta della sala prove, assicurandomi che fossero disarmati. Nonostante le tensioni e le resistenze iniziali, il nostro progetto permise di condividere le loro storie e abbattere le barriere della paura, rendendosi conto che erano molto pi\u00f9 simili di quanto pensassero. Questa esperienza \u00e8 riuscita a trasformare i combattenti in attori e i nemici in amici. La commedia \u201cAmore e guerra sui tetti\u201d, che debutt\u00f2 allora, and\u00f2 in tourn\u00e9e nei teatri di tutto il Paese con un enorme successo. Quell\u2019esperienza ha segnato l\u2019inizio del nostro approccio di \u201cteatro per la riconciliazione\u201d, che finora ha prodotto sei spettacoli che riappacificano diverse comunit\u00e0 in Libano.<\/p>\n\n\n\n E poi?<\/strong><\/p>\n\n\n\n Ci\u00f2 che era iniziato come un\u2019unica opera teatrale si \u00e8 rapidamente evoluto in un approccio olistico, affrontando vari fattori di conflitto. Abbiamo inaugurato un caff\u00e8 culturale sull\u2019ex linea di demarcazione di Tripoli, creando uno spazio sicuro e inclusivo sia per gli uomini che per le donne. Questo caff\u00e8 \u00e8 ora il centro del nostro programma olistico di costruzione della pace. Attualmente il Libano vive una terribile crisi economica e sociale: la Banca mondiale, due anni fa, l\u2019ha definita la terza crisi economica pi\u00f9 grave dal 1929. Come riuscite a continuare le vostre attivit\u00e0?<\/strong><\/p>\n\n\n\n La crisi libanese, iniziata nel 2019, ha posto sfide significative per l\u2019adattamento e la continuazione del nostro lavoro. Inizialmente \u00e8 stato difficile poich\u00e9 i fattori del conflitto e della radicalizzazione sono tornati con tutta la loro forza. La crisi ha portato a perdite diffuse \u2013 di denaro, posti di lavoro e mezzi di sussistenza \u2013 alimentando sentimenti di rabbia, disperazione e ingiustizia tra le persone, che sono importanti fattori di conflitto. In risposta, ho dovuto adattare il nostro lavoro e i nostri progetti. Oltre ai processi di mediazione e di risoluzione dei conflitti, ho incorporato programmi di formazione professionale in design, edilizia e turismo. Inoltre, ho creato tre imprese sociali in questi settori per aiutare i giovani, gli ex combattenti e la comunit\u00e0 pi\u00f9 ampia a continuare a lavorare, essere produttivi e sostenere i nostri sforzi di costruzione della pace. Oggi queste iniziative, che permettono ai partecipanti anche di condividere le loro storie di riconciliazione, coinvolgono oltre 150 persone. Gli approcci di costruzione della pace devono essere onnicomprensivi per essere efficaci: ci\u00f2 significa affrontare traumi e stigmi, ma anche includere l\u2019integrazione socioeconomica, l\u2019esposizione a diversi punti di vista attraverso il dialogo e promuovere sentimenti di emancipazione e sviluppare la dignit\u00e0 personale. Non si tratta solo delle attivit\u00e0 che svolgiamo; riguarda le emozioni che queste attivit\u00e0 evocano. Queste attivit\u00e0 come fanno sentire le persone? L\u2019esperienza interiore \u00e8 cruciale per comprendere il nostro approccio alla riconciliazione.<\/p>\n\n\n\n Come voi, donne arabe, potete costruire la pace in questo momento con la crisi di Gaza, la pi\u00f9 grande in Medio Oriente dal 1967?\ufeff<\/strong><\/p>\n\n\n\n La domanda tocca una questione pi\u00f9 profonda e che deve essere affrontata per prima: se la pace possa esistere sotto l\u2019occupazione e se ci\u00f2 debba avvenire a scapito della libert\u00e0, della dignit\u00e0 e del diritto all\u2019autodeterminazione. Personalmente non credo che sia possibile. In base alla mia esperienza sul campo, i pi\u00f9 grandi nemici della pace sono l\u2019ingiustizia, l\u2019oppressione e la disuguaglianza. Essendo appassionata di una costruzione della pace reale e sostenibile, non posso accettare che la semplice assenza di violenza diretta o di guerra sotto occupazione (spesso definita \u201cpace negativa\u201d), a scapito dei diritti umani fondamentali, costituisca un contributo alla pace. Un tale stato di cose non durer\u00e0 mai e non far\u00e0 altro che amplificare il conflitto poich\u00e9 non riesce ad affrontare le questioni di fondo dell\u2019ingiustizia, della disuguaglianza e dell\u2019oppressione inerenti all\u2019occupazione.<\/p>\n\n\n\n Che cosa si sente di dire agli uomini per una possibilit\u00e0 di riconciliazione?<\/strong><\/p>\n\n\n\n Non mi piace generalizzare, perch\u00e9 ho avuto molti uomini come alleati. Anche gli ex combattenti con cui ho lavorato sono oggi i miei pi\u00f9 grandi alleati e mi aiutano contribuendo alla pace nelle loro comunit\u00e0. Parlando agli uomini che lavorano nel campo della costruzione della pace, vorrei incoraggiarli a dare pi\u00f9 spazio alle donne in questo particolare campo, poich\u00e9 possono essere incredibilmente efficaci. Alle donne, suggerisco di fare degli uomini i loro alleati in questa impresa. Non \u00e8 una situazione da \u201cnoi\u201d contro \u201cloro\u201d.<\/p>\n\n\n\n Per concludere Lea Baroudi, dove trova la speranza e la forza di continuare?<\/strong><\/p>\n\n\n\n In un mondo sempre pi\u00f9 polarizzato, dove l\u2019odio, l\u2019etichettatura e lo stigma sono in aumento, guardare i conflitti mondiali da una prospettiva macro pu\u00f2 essere travolgente e scoraggiante. \u00c8 difficile lavorare in un campo dove la luce alla fine del tunnel spesso sembra fioca. Tuttavia, trovo la mia forza nelle piccole vittorie: i cambiamenti tangibili nella vita e nella percezione delle persone con cui lavoro sul campo. Essere testimone di una trasformazione, come quella di un giovane che una volta sosteneva il Daesh e portava armi, ora impugna un pennello e contribuisce alla pace e alla riconciliazione nella sua comunit\u00e0, alimenta la mia determinazione a continuare. Il vero peacebuilding consiste nel creare legami umani e nell\u2019umanizzare l\u2019\u201caltro\u201d. Raggiungere questo obiettivo, anche su piccola scala, pu\u00f2 creare un effetto a catena. Tuttavia, ci\u00f2 richiede pazienza, perseveranza, coraggio e un profondo senso di umilt\u00e0.<\/p>\n\n\n\n![\"\"](\"https:\/\/www.marchlebanon.org\/wp-content\/uploads\/2024\/04\/lea.jpg\")
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